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La Sicilia e … Pietro Mascagni

 "La città"- blog online -  29/07/2016 CulturaMusica

Si è svolto il 27 luglio, nel chiostro della chiesa di San Papino, il terzo dei quattro incontri del ciclo ‘La Sicilia e…’, organizzato dalla Lute e dedicato a personaggi noti del panorama culturale siciliano. Dopo Ignazio Buttitta e Giuseppe Tornatore, si è tornato a parlare di Sicilia con una serata improntata sul compositore Pietro Mascagni. Un personaggio definito dal prof. Bartolo Cannistrà, nella breve presentazione introduttiva, ‘anomalo’, non essendo siciliano purosangue, ma livornese, ed essendo vissuto a Cerignola, in Puglia e non in Sicilia. Cosa c’entra, dunque, Mascagni con la Sicilia? E’ la domanda alla quale si è impegnato a dare risposta, con la sua attenta analisi sull’autore, il maestro Luigi Cordova, curatore della serata. La sua riflessione si è concentrata sulla ‘Cavalleria rusticana’, l’opera più nota del compositore toscano. Essa venne rappresentata per la prima volta il 17 maggio 1890 al teatro Costanzi di Roma e riuscì immediatamente ad infiammare ed entusiasmare sia il pubblico che la critica. Si parlò di rivelazione, capolavoro e, persino, di scandalo al limite della volgarità. In poco più di un mese, la sua fama oltrepassò i confini nazionali ed arrivò anche in Germania, dove vigeva una critica molto ferrea nei confronti delle opere italiane. Che cosa rende particolare ma anche ’siciliana’ la ‘Cavalleria rusticana’, tanto da decretarne un così grande successo? Sono diverse le caratteristiche evidenziate, a tale proposito, dal maestro Cordova. Innanzitutto l’ambientazione in un piccolo paese della Sicilia di fine ottocento, associata a numerosi episodi cantati in modo spontaneo con l’uso di registri acuti che ricordano il parlato irruente siciliano; inoltre, il ruolo di spicco dato all’orchestra con ampie masse corali che vanno a rappresentare il popolo. Si può dire che l’opera diede un importante contributo alla nascita del dramma popolare. Anche l’Italia del sud poteva adesso avere voce, essere raccontata e sentirsi rappresentata in teatro. L’idea di comporre l’opera nacque dopo che Mascagni partecipò, al teatro Manzoni di Milano, alla rappresentazione in prosa dell’omonima novella del Verga. In quell’occasione, egli manifestò tale desiderio all’amico che lo accompagnava. Questa ricostruzione sfata la notizia errata circolante, anche sui media, secondo la quale fu il librettista Giovanni Targioni Tozzetti e non Mascagni stesso a decidere di usare come spunto lo scritto di Giovanni Verga. Pietro Mascagni aveva partecipato, nel 1888, ad un concorso indetto dalla Sonzogno, la quale si era impegnata a rappresentare a sue spese l’opera vincitrice. Con la sua composizione ed, in particolare con il brano della serenata in dialetto, egli riuscì ad entusiasmare la commissione giudicatrice sbaragliando ben settantatre concorrenti. Altra peculiarità che rende la ‘Cavalleria rusticana’ unica e ‘siciliana’ è l’uso del dialetto, per la prima volta in un melodramma, nella sopracitata serenata che Turiddu fa all’amante Lola. A tale proposito, si sono avuti dubbi sul fatto che si trattasse di autentica lingua siciliana, poiché sarebbero state ravvisate, nel testo della serenata, interferenze linguistiche provenienti da altri dialetti. Si disse anche che, per comporre questo brano, fosse stato usato il testo di un antico canto della Corsica. La diatriba durò circa un secolo, finché fu dichiarato, grazie allo studioso Pascal Marchetti nel 1989, che la serenata è siciliana al cento per cento. Caratteristici anche i registri tonali scelti per sottolineare i vari momenti clou dell’opera, come esempio il la maggiore per esprimere la gioia, il fa diesis per enfatizzare la tragedia. Ulteriore particolarità che la rende ancora una volta ‘siciliana’ ed innovativa è rappresentata dall’introduzione dell’organo a canne, anche questo elemento utilizzato per la prima volta in un melodramma ed inserito non a caso da Mascagni, appassionato di organi ed organari, come omaggio alla nostra terra. Egli, infatti, era perfettamente a conoscenza che l’organo a canne più grande costruito fino a quel momento si trovava a Catania e che la Sicilia era la regione che possedeva gli organi più grandi ed antichi d’Italia. Ma, tutta l’opera è ricordata dai più, senza dubbio, per quelli che sono i brani più famosi: la preghiera ‘Regina coeli’ seguita dall’inno cantato da Santuzza e l’intermezzo che prelude al duello tragico fra Turiddu ed il suo antagonista compare Alfio, marito di Lola. Quest’ultimo è molto popolare, poiché utilizzato anche al cinema, come colonna sonora in diversi film, ed in Tv in alcuni spot pubblicitari. Le spiegazioni dettagliate del maestro Cordova sono state piacevolmente inframmezzate da filmati che hanno consentito l’ascolto di diverse aree dell’opera. Attraverso ricostruzioni storiche, aneddoti, curiosità, il maestro Luigi Cordova ha condotto il numeroso ed interessato pubblico presente ad assaporare appieno quello che egli stesso ha definito, in conclusione, ‘un gioiello, un capolavoro ambientato in Sicilia’ e che è oggi viene rappresentato in numerose città del mondo con repliche che si protraggono per diverse settimane. Gli incontri sulla Sicilia si concluderanno mercoledì 3 agosto con la serata che vedrà protagonista Renato Guttuso.                                                                                                                                                 Daniela Maio

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